Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità

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Cari Protagonisti della Comunità Scolastica,
le parole danno senso alle cose e mai, come nell'ambito della disabilità, si è visto un tale fermento nel cambiare la terminologia utilizzata. Da "persona handicappata“ a “portatore di handicap“, da “persona affetta da disabilità” a “disabile”, poi “diversamente abile” e, oggi, “persona con disabilità". Ognuno di questi termini aveva in sé una connotazione particolare che ne definiva anche l'approccio. Quando la persona era definita handicappata si trattava come una persona con una mancanza. Il termine "handicap", infatti, deriva dal nome di un gioco d'azzardo (hand in cap, "la mano nel cappello") con monete che si estraevano a sorte da un cappello. Il termine è passato poi nel linguaggio sportivo a indicare le competizioni in cui vengono prese disposizioni di gara (per es. abbuoni di distanza) o di punteggio per ridurre lo svantaggio dei concorrenti manifestamente inferiori, e di qui, in senso traslato, è venuto a significare lo svantaggio, la situazione che mette in condizione di inferiorità e la condizione stessa di inferiorità. Attualmente handicap è il termine, notevolmente aspecifico, con cui si indica ogni difetto fisico o mentale o sensoriale che determina una minorazione nel soggetto che ne è portatore, nonché lo stato di bisogno che esso genera e alla cui correzione o compenso devono mirare gli interventi di carattere soprattutto sociale e psicologico (cit. Treccani). 
Questo è il senso con cui nasce la L. 104/1992, nel cui testo compare ancora oggi il termine"handicappato": ridurre lo svantaggio.
Se pensiamo al termine "diversamente abile", invece, ne cogliamo subito il desiderio di riconoscere alla persona le sue potenzialità e il sostegno non diventa più una semplice riduzione dello svantaggio bensì la possibilità di mettere l'individuo nelle condizioni di poter esprimere le sue diverse abilità. Il lavoro sulla riduzione delle barriere architettoniche si basa proprio sul concetto di autonomia. Se una persona sulla sedia a rotelle, sia essa temporaneamente disabile per una frattura o con una disabilità permanente, incontra una scala o una rampa troppo ripida avrà necessariamente bisogno di un sostegno. Allo stesso modo un non vedente non potrebbe essere autonomo se sulla scatola delle medicine non ci fosse la scritta in braille. 
Quasi 24 anni fa un mio amico non vedente, all'epoca mio tutor nel master per ipovedenti e non vedenti e, successivamente, papà di un mio ex alunno, mi disse: "L'inclusione a scuola è importante ma è alla scuola per non vedenti che ho imparato ad essere autonomo". 
Le sue parole mi colpirono non solo perché ero già docente di sostegno e mi sentii in difetto, ma perché ne colsi tutto il desiderio di autonomia ed emancipazione che traspariva da esse.
Cari docenti, il nostro è un ruolo fondamentale per promuovere l'inclusione all'interno di una classe ma non si esaurisce in questo. Ogni giorno bisogna trovare l'equilibrio tra le aspettative delle famiglie e ciò che pensiamo sia meglio per l'alunno, tra l'apprendimento didattico e quello volto all'autonomia, tra la socializzazione con i pari e la spinta a "nascondersi".
Care famiglie, siamo una comunità in ascolto e che dialoga. A volte ci possono essere incomprensioni ma dove c'è fiducia reciproca c'è anche una soluzione condivisa. È nostro compito assicurare l'inclusione di tutti gli alunni con i mezzi a nostra disposizione ed è ciò che facciamo ogni giorno. Nessuno escluso, nessuno indietro.
Quando, durante la discussione dell'anno di prova, diversi docenti di sostegno hanno parlato della classe senza distinzione con gli alunni con disabilità, ho sorriso pensando a come sia cambiata la scuola dai tempi delle classi differenziali e delle scuole speciali. Questo non vuol dire che ci "dimentichiamo" della disabilità ma che il nostro compito di promuovere le diverse abilità nell'alunno seguito sono risultate efficaci al punto che l'alunno risulta autonomo durante una attività.
So bene che uno dei crucci di una famiglia con un unico figlio disabile è cosa il proprio figlio potrà fare quando sarà da solo ma è anche per questo che c'è la Scuola e ci sono tutte le altre Istituzioni che sostengono le persone con disabilità e le famiglie.
Possiamo tutti fare di più? Sempre.
Possiamo farlo insieme? Essere uniti è necessario.
Un abbraccio di cuore a tutti noi, comunità splendida e vitale.